ph Chiara Caterina
SEI ANCORA TU
un film di Chiara Caterina
da Party Girl di Francesco Marilungo
concept Francesco Marilungo
regia e fotografia Chiara Caterina
montaggio Valentina Andreoli
suono Mirko Fabbri
coreografia Francesco Marilungo
performers Alice Raffaelli, Roberta Racis, Barbara Novati
light designer Gianni Staropoli
costumi Efisio Marras
progetto realizzato nell’ambito di Marche Palcoscenico Aperto. I mestieri dello spettacolo non si fermano promosso da Regione Marche / Assessorato alla Cultura e AMAT
film presentato in prima assoluta alla 57a MOSTRA INTERNAZIONALE DI NUOVO CINEMA DI PESARO
“Sei ancora tu” è un progetto che nasce dalla collaborazione del coreografo Francesco Marilungo con l’arti- sta visiva e videomaker Chiara Caterina e costituisce un nuovo tassello dello studio sulla contaminazione tra teatro e linguaggio audiovisivo che quest’ultima ha iniziato l’estate scorsa per Santarcangelo Festival su invi- to di Filmmaker Festival.
Il materiale teatrale della recente creazione del coreografo viene messo a disposizione della camera per la realizzazione di una nuova opera autonoma. Non una versione cinematografica, né mera documentazione filmata: piuttosto, un incontro dove l’immagine audiovisiva si muove “verso” l’operazione teatrale e le gira intorno alla ricerca di un dialogo. “Umanizzare la macchina”, come scrive Aldo Braibanti riferendosi alla sua complessa operazione teatrale Virulentia, “strapparla ai tentacoli insidiosi dell’alienazione e riportarla dentro di noi”. Proprio questo si cercherà di fare: offrire punti di vista eccentrici che sappiano restituire il “respiro” di una macchina da presa che diventa corpo/occhio partecipante.
A questo processo di umanizzazione della camera corrisponde un’oggettivazione della danza, del materiale teatrale e coreografico. La performance Party Girl che cerca di rappresentare metaforicamente il processo che rende il corpo femminile oggetto sessuale, diventa essa stessa oggetto attraverso lo sguardo ‘umanizza- to’ della camera. Si fa oggetto del desiderio e si presta nella passività esecutiva di chi viene osservato alla formazione di un nuovo prodotto artistico che secondo una logica di scatole cinesi eleva al quadrato il con- cetto di oggettivazione.
Tutto il materiale è stato girato in pellicola 16 mm per meglio cogliere l’attimo e la ‘spontaneità’ della prima visione; l’occhio della camera sarà in tal modo scevro da ogni condizionamento o rielaborazione derivante da visioni multiple della performance.
Sinossi
Una visione claustrofobica di alberghi vuoti e luoghi di una città abbandonata si specchia in uno spazio sce- nico abitato da tre corpi femminili.
Movimenti robotici, ordinati, gesti che sembrano ricondurre al mondo del sex work, rispondono al comando maschile.
La pellicola costringe nella durata della bobina a scegliere dove guardare e come guardare: in questa costri- zione tecnica e temporale appare però una traiettoria che dallo sguardo oggettivante sul corpo femminile conduce alla liberazione.
Lucrezia Ercolani, “Sei ancora tu”, Chiara Caterina e lo sguardo che dà forma al corpo, Il Manifesto, 22 Agosto 2021
La complessa ma affascinante sfida di trovare un’intersezione, o forse un terreno inesplorato dove il cinema e le arti sceniche si possano dare convegno, è al centro del cortometraggio di Chiara Caterina Sei ancora tu presentato lo scorso giugno alla Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. È l’ultima tappa di un percorso iniziato in seno a Filmmaker Festival, che ha inaugurato la sezione Teatro sconfinato proprio per aprire uno spazio di sperimentazione e contaminazione che non si accontenti di documentazione e adattamenti, ma che cerchi di cogliere un incontro/scontro nei processi visti in filigrana, nelle loro condizioni di possibilità. In un’intervista rilasciata a Pesaro, Caterina ha dichiarato: «Tra linguaggio teatrale e cinematografo la differenza sta nello sguardo: è fisso e appartiene solo allo spettatore a teatro, mentre al cinema è mobile e si fonde con quello del regista». Uno spunto interessante considerando che il corto e la performance che insegue, ovvero Party girl di Francesco Marilungo, si interrogano innanzitutto su quale effetto produce lo sguardo sui corpi, su come li configura e li limita.
Girato per lo più in 16 mm durante una sessione di prove a Pesaro, il film è anche un video racconto della permanenza di Caterina nella città. Le insegne degli alberghi si rispecchiano in se stesse nel malinconico abbandono della località marittima durante l’inverno, con il loro design posticcio anni ’90 rimandano idealmente ai non-luoghi della prostituzione ripresi da Marilungo e mostrati su alcuni televisori in scena. Le lenzuola di quelle stanze di passaggio sono animate quanto i corpi delle tre danzatrici, Barbara Novati, Roberta Racis e Alice Raffaelli. Attraverso l’occhio della macchina i loro movimenti risultano ancora più innaturali nelle ripetizioni, in una temporalità che si fa incerta: tra la grana retrò della pellicola e l’abbigliamento vintage, sembrerebbe di trovarci nel sogno proibito di qualcuno destinato a dissolversi di lì a poco, un materiale privato riemerso e giunto fino a noi. Rimescolando le linee audio e video — un’altra specificità filmica rispetto allo spettacolo dal vivo — il voiceover sembra qui scandire i ritmi, i tagli della ripresa piuttosto che gli atti delle performer, cambiando quindi posizione e funzione.
Irrompe infine Ancora tu, la canzone di Lucio Battisti che dà il titolo al film, con la potente e melodiosa voce di Roberta Racis. Attraverso i fotogrammi però si direbbe che il canto non appartiene più a nessuno, così come sono venuti meno i nomi propri continuamente ripetuti nella performance. La macchina allontana, universalizza, innalza e abbassa allo stesso tempo l’unicità della presenza. «I know she wants more than a party, party girl» cantavano gli U2 quasi quaranta anni fa, che fa il paio con quel «no, lasciarti non è possibile». Come sarebbe la vita fuori da quello sguardo maschile? Cosa diventerebbe la prostituzione? Queste e tante altre domande rimbalzano negli ultimi minuti del film in cui viene mostrato ciò che rimane programmaticamente fuori dal palcoscenico. Le tre interpreti sono finalmente libere dai compiti e dai dettami, sorridendo emerge la loro complicità sul bagnasciuga di Pesaro in una giornata d’inverno.